venerdì 10 aprile 2009

L'Aquila


Come spesso mi è capitato nella vita, fatti spiacevoli accadono in una splendida giornata di sole.
Quasi a sottolineare l'ironia di certi eventi, il terremoto di questi giorni si è portato via un lungo, piovoso, e freddo inverno, certi quadri grigi sono spariti e con loro anche una parte dell' anima.
Rimangono l'incredulità, la rabbia, i ricordi spezzati e i tanti sentimenti confusi.
Un'amica mi scrive "con la morte nel cuore ed una speranza in tasca", la morte che tutti noi che abbiamo studiato a L'Aquila ma che soprattutto abbiamo amato, vissuto e abbandonato, abbiamo solo avvertito in maniera chiara ma fortunatamente distante.
Svegliati nel cuore della notte da un lunghissimo sobbalzare ci siamo ricomposti per capire da dove venisse tutto questo per poi ritrovarci di mattina presto ad osservare "i nostri luoghi" sventrati.
I luoghi dove una vita da studente è fatta di tante amicizie a portata di mano, lunghe passeggiate che attraversano il centro interamente, un freddo pungente ma "pulito", case affollate di vino e musica, tanti sguardi da incrociare, percorsi brevi e veloci.
E poi la certezza di una tranquillità "scontata", il posto dove i pericoli sono lontani e le ansie dei grandi centri lontanissime.
Rimane adesso il fantasma di quei luoghi, dove ogni angolo è un ricordo e dove quelle lunghe passeggiate notturne aggrappato ad un amico sono impolverate di detriti e di dolore.
Leggere la lista dei deceduti con la paura di un nome conosciuto, i nostri amici per strada senza più una casa, le nostre stesse ex case diroccate sono pugni nello stomaco che affondano ancora di più quando leggo L'Aquila, "la città morta".
Io passerò di li' sempre, su quell'autostrada che la osserva dall'alto e quelle montagne che incutono timore, il sorriso nostalgico al pensiero dei tempi andati e della gente che mi è appartenuta.
E poi quella voglia irrefrenabile di fermarmi, proprio come un mese fa, per un lungo conto in sospeso e un tuffo nei vicoli e negli angoli che hanno fatto parte del mio destino e che reclamano, adesso più che mai, un debito di felicità.
E.

1 commento:

Amaranta ha detto...

Trate de entender lo que escribiste en italiano...creo que entre lineas entendi tu sentimiento que porsupuesto no pordias expresarlo mejor que en tu idioma....que lastima que un evento como este te haya llevado a escribir de nuevo. No hay palabras que creo te ayuden a no sentirte mal porque muchas vidas, recuerdos, momentos se han ido lo importante es recordarlos y mantenerlos en tus pensamientos. Recordarlos alegres, bonitos como en un dia soleado...como el primer dia de universidad porque eso amigo nunca nadie te lo va a quitar.
Besos,
PP.